L'idea Container A Moto Mio
Sempre alla ricerca di nuovi spunti e avventure da raccontare oggi abbiamo incontrato Fabrizio, motociclista da sempre, normale come voi e noi, che si è innamorato di una ”certa parte” d’Africa, e che per le prossime vacanze estive non solo è pronto a replicare, ma visto che sta organizzando un container per spedire le moto dall’Italia è alla ricerca di “coinquilini” per riempire lo scatolone di metallo e spedirlo giù a città del capo. Insomma oggi che va tanto di moda il Car-Sharing Fabrizio propone a chi avesse voglia di contattarlo una sorta di container Sharing.
aMM. Fabrizio, da dove nasce l’idea di portare le moto in Africa??
Fabrizio. Mah guarda, in verità la voglia di viaggiare è sempre forte e lo spirito di avventura ci spinge sempre alla ricerca di nuove strade. Così nel 2015 abbiamo realizzato un sogno, un viaggio in Namibia, partendo dalla città sud africana di Cape Town fino a raggiungere il confine dell'Angola in Namibia.
aMM. Ah ok, quindi una sorta di “ritorno” in quelle terre con il vantaggio di avere molta più esperienza soprattutto sulla logistica. Dico bene?
Fabrizio. Corretto. Da quel viaggio di quasi due anni fa il desiderio di tornare per rivivere ancora quel sogno non si è mai sopito e quest'anno vogliamo replicare! Il pensiero che ci spinge alla condivisione di una parte della logistica è imperniato sul fatto che chissà quanti motociclisti hanno lo stesso sogno, magari il viaggio già pronto nel cassetto da tempo, ma le difficoltà organizzative li hanno fermati o spaventati.
aMM. Ma quindi, Fabrizio, la tua proposta è di fare da “tour operator”??
Fabrizio. Assolutamente no, non ne abbiamo ne le capacità, ne le forze; la nostra proposta si limita a condividere ed aiutare chi come noi è alla ricerca di un modo per portare la sua moto in Africa ma è frenato da mille dubbi e soprattutto dai costi. Una volta giunti a destinazione e ritirate le moto ognuno può scegliere la sua strada, il suo viaggio, il suo personale sogno da inseguire. Pensa che uno dei ragazzi che è già “salito a bordo” girerà in tutta tranquillità il sud Africa probabilmente limitandosi alle sole strade asfaltate. E’ una scelta, per altro condivisibile
aMM. Quindi, tu proponi di unire le forze per far viaggiare le moto??
Fabrizio. Esatto l’unione fa la forza; la nostra idea è quella di trovare compagni di condivisione container, che possa permettere a tutti di raggiungere il Sud Africa nel modo più semplice ed economico possibile. Noi mettiamo la nostra esperienza passata per l'organizzazione della spedizione e chi decide di condividere con noi non deve fare altro che metterci tutta la passione, l’entusiasmo e la voglia di tirare fuori l’idea da quel benedetto cassetto!
aMM. Molta invidia. Anzi noi ci facciamo un pensiero. Il periodo mi pare di capire è agosto 2017, ma se qualcuno volesse più informazioni???
Fabrizio. Esatto agosto 2017. Sono a disposizione di chiunque fosse interessato o semplicemente tanto per iniziare volesse qualche informazione.
aMM. Naturalmente alla fine di questa avventura la racconteremo su www.amotomio.it vero????
Fabrizio. Assolutamente si. Anzi perché non venite con noi?
aMM. Ci sto già pensando troppo…mai dire mai. Grazie Fabrizio.
Fabrizio. Sono io che ringrazio voi per l’opportunità di far conoscere a più motociclisti possibili la nostra idea, sperando di riempire al più presto il nostro “container” griffato. A presto
Intervista per la Rivista On Line www.amotomio.it
"che storia ce l'abbiamo fatta"
... non ci potevo credere che stavamo chiudendo il container al porto di Genova ancora una volta, destinazione Sud Africa. Si sembrava un sogno, iniziato molto prima, ma veramente tanto prima e con poche speranze di realizzarsi. Sembrava quasi impossibile, ed invece eccoci, le porte di ferro di quel container targato MSC si stavano chiudendo con dentro tutto quello che ci serviva per girovagare con le nostre due moto tra Sud Africa, Botswana e Zimbabwe.Ogni viaggiatore
era l'organizzatore del proprio viaggio dal momento del ritiro della moto fino al momento in cui avremmo ricaricato i mezzi per rispedirli a casa. Questa libertà d'azione, la possibilità di realizzare disegnandosela su misura la propria avventura è invece al contrario, quello che più ci spinge a noi due a viaggiare. Nessun compromesso, nessuna scelta condivisa, nessun problema di leadership, solo noi, la strada, il nostro viaggio, solo, esclusivo personale, egoista. Ma non per tutti è così.... ci vestiamo con la divisa da moto
che diventerà il nostro abbigliamento per i prossimi 25 giorni, stivali, casco e guanti e ci dirigiamo alle moto. Un po' di tensione c'è sempre, ma tutto svanisce non appena accendi il motore e con voce sicura chiedi ad Elisa se è pronta a partire. Salutiamo i ragazzi del gruppo che fino ad ora ci avevano fatto compagnia e siamo pronti. Il cancello del parcheggio si apre e noi mettiamo la prima e muoviamo i primi metri di Botswando. Primo incrocio, mente attenta alla direzione che mi indica il GPS e nello stesso tempo a prendere il lato giusto della carreggiata.Tutto intorno la vegetazione
corona e segna il perimetro della piazzola a noi destinata. Il camp ha dimensioni enormi e completamente immerso nella natura, tanto che gli altri campeggiatori non era possibile scorgerli, ognuno immerso in una sua personalissima savana. Prima notte nel silenzio rumoroso del bush, dove il vento, il rumore delle foglie secche e i piccoli passi degli animali in cerca di cibo furono la melodia di una notte tutta africana.Dopo non molti km di buon asfalto
ecco il cartello che segna la pista che inizia tra le capanne di un piccolo paese. Il terreno si presenta subito di sabbia morbida come borotalco e soprattutto la pista non molto larga è delimitata ai due bordi dalla vegetazione e due profonde carregge segnano in modo ben preciso i binari in cui devi mettere le gomme. Impossibili vie di fuga se non mettendo la moto a terra. Ci guardiamo, già lo sguardo con due occhi a palla di tutti e due la diceva lunga ... ma convinti di almeno provare, innestiamo la prima e diamo gas. Elisa davanti in modo che se fosse successo qualcosa avrei potuto intervenire prontamente. Bene da quel momento Oliver Togni, famoso stuntman, ci avrebbe fatto i complimenti di come riuscivamo in modo ritmico e costante a posare le nostre ktm sul morbido letto di sabbia con evoluzioni acrobatiche degne di un ginnasta alle olimpiadi. Ogni volta che Elisa iniziava ad ondeggiare in balia degli eventi e dell'insidioso terreno anch'io prendevo lo stesso ritmo riuscendo, come due esperti ballerini a condurre lo stesso passo a terra in sincro.
Più ci avvicinavamo a Maun
punto di partenza per esplorare il famoso delta dell'Okavango river, unico fiume che sfocia sulla terra ferma, più ci sentivamo immersi in un ambiente da documentario naturalistico. Ed eccoci al primo incontro con alcuni dei proprietari di casa, mentre viaggiavamo tranquilli su una di quelle strade deserte che attraversano il bush del botswana ci troviamo obbligati ad arrestare il nostro cammino a causa di una mandria di zebre che stava tranquillamente attraversando la strada. La situazione risultava almeno un po' strana, ma sicuramente gli attori fuori luogo non erano loro. Dopo questo primo incontro ne avremo avuti molti altri conoscendo pian piano tutti gli inquilini del condominio savana.Il giorno successivo
l'avremmo dedicato alla visita del delta con le loro imbarcazioni tipiche, delle lunghe e strette canoe in legno chiamate mocoro. Avvistamenti della giornata tre elefanti e alcuni fagoceri e un paesaggio che avrebbe trasmesso serenità e relax anche al più nervoso e stressato milanese imbruttito. Lascio però parlare le immagini, perchè conoscendomi non riuscirei ad essere coinciso ed esaustivo nello stesso tempo. Le immagini e i video sono più diretti e rendono molto di più l'idea delle mie mille parole.... smontata la tenda
riprendiamo la strada direzione Elephant Sand Bush. Raggiungiamo il lodge verso il tramonto attraverso una pista in parte sabbiosa, ma che sempre meno ci incuteva timore. La luce rossa, la sabbia e la vegetazione della savana in ogni caso ci permettevano di non pensare alle difficoltà della guida. Ed eccoci ultima curva prima dell'arrivo, la sabbia si fa più profonda, le carregge si intensificano a dismisura creando un disegno irregolare sul difficile terreno. Tanto che pronti via ci troviamo tutti e due seduti a terra a guardare un grosso elefante che ci passa in mezzo senza degnarci di uno sguardo. Che figata, avevamo appena avuto un incontro ravvicinato con uno dei "big five" della savana. Vi dico che il posto era così bello ed immerso in uno scenario a dir poco suggestivo che decidemmo di fermarci due giorni per imprimercelo bene nella nostra memoria. Alla sera cenavi di fronte alla pozza dove decine di elefanti si recavano per abbeverarsi e socializzare. Era come guardare un documentario a cielo aperto, potevi analizzare i diversi comportamenti sociali , sentire il loro ruvido toccarsi ed ascoltare il loro barrito che comunicava maestosità e potenza.Facciamo campo a Kasane
piccola cittadina sulle coste del fiume Cuando estuario del vicino Zambesi river. Siamo esattamente sul confine tra Botswana e Namibia. Da una parte il Parco Nazionale del Chobe, dove la cura e la ricerca per la salvaguardia delle differenti specie che ospita è l'obiettivo primario, mentre sul lato opposto del fiume in territorio namibiano si fa caccia grossa. Le due opposte facce di una medaglia che ben definiscono il comportamento sempre più bipolare del genere umano. Visitiamo con un ranger il parco, rincontrando tanti nostri vecchi amici già conosciuti due anni prima in Namibia. Zebre, giraffe, springbok, antilopi, impala, colonie ben organizzate di babbuini ed infine non poteva mancare the king, sua maestà il leone. La presenza del fiume conferisce ancora, se possibile, fascino al territorio.Lo spettacolo delle Victoria Falls
è impressionante. L'estensione del fronte d'acqua è il maggiore nel mondo, e la sua portata è seconda solo a quelle del Niagara. Grazie alla conformazione del territorio è possibile stando sul versante dello Zimbabwe percorrere tutto il fronte sul lato opposto della cascata esattamente allo stesso livello del salto. Lunghe circa un chilometro e mezzo le visiti sotto una continua piogerellina causata dal grande volume di acqua presente nell'aria. Non oso pesare quanto sia forte durante il periodo delle piogge proprio quando la portata è al massimo dei suo livello.
All'altezza di Lupane piccolo villaggio
come tanti incontrati sulla strada prendiamo una strada secondaria che ci avrebbe condotto direttamente verso il Great Zimbabwe. Eravamo alla ricerca di strade sgombre dal traffico delle maggiori arterie e che fosse possibile respirare al massimo l'atmosfera del territorio. Percorse le prime centinaia di metri dall'incrocio l'asfalto lascia spazio ad un terreno rosso con alcuni tratti sabbiosi. Il piccolo villaggio si estende su entrambi i lati della pista regalandoci una fotografia classica di questi luoghi magici nella loro semplicità.Al calare del sole
e dopo aver osservato il tramonto dalle rovine in cima alla collina più alta della vallata ci apprestiamo a mangiare in tenda. Scesa la notte anche i nostri vicini pelosi si erano ritirati nelle loro tane e il freddo iniziava a farsi sentire. Terminata la cena e sistemato il materassino di Elisa bucato alle 9.00 di sera ci apprestiamo ad andare a dormire. Per tutta la notte la temperatura è stata senza dubbio invernale permettendoci di apprezzare al massimo le doti dei nostri sacchi a peli. La mattina successiva, complice anche il grande freddo e l'orario della sera prima, eravamo già pronti alle prime luci dell'alba. Meglio fuori a scaldarci al primo sole che stare in tenda dove l'umidità della notte manteneva la temperatura rigida. In attesa che il sole compia il suo lavoro, scaldando e sciogliendo moto e bagagli ci apprestiamo a fare colazione con pane e marmellata preparate la sera prima da Elisa. Solo il tempo di posarle sullo sgabello per schakerare il nescaffè che un babbuino decide di appropriarsi dei nostri tramezzini dolci per farsi una lauta colazione. Che forse il giorno non iniziava sotto i migliori auspici? ...Raggiungiamo l'ultimo paesino dello Zimbabwe
prima del confine, il traffico si fà più caotico e la quantità di persone ed attività ai bordi della strada aumenta ogni chilometro che percorriamo direzione Sud Africa. Giunti nei pressi di un distributore di fronte alla presenza di un semaforo rosso, credo l'unico incontrato su tutto il territorio dello Zimbabwe, decidiamo di portarci davanti ad uno dei tanti pulmini che fanno la spola da un villaggio e l'altro. Elisa davanti e io appena dietro. Appena la moto di Elisa raggiunge l'altezza della cabina l'autista completamente disattento decide di voltare per entrare nel distributore. Per me in quel momento è stato come vedere un film non potendo intervenire nell'azione se non urlando nell'interfono ad Elisa di cercare di schivare l'idiota. Lei compie una gran manovra d'istinto riuscendo a passare integra, ma sfortuna vuole che il pulmino disponeva di un rollbar di dimensioni da truck americano ed il 690 aveva la valigia che andava oltre il volume naturale della moto. Così l'impatto è stato inevitabile, causando il distaccamento della valigia in alluminio che ha preso il volo e l'inevitabile scivolata a terra di Elisa. Questo era un incidente e non una caduta in off, la situazione risultava da codice rosso. Cerco di mantenere la calma e prima cosa assicurarmi che Elisa stesse bene. Nel frattempo le centinaia di persone, e non sto esagerando ve lo giuro, che erano radunate ai bordi della strada e al distributore si erano ammassate intorno a noi due. Ero frastornato, cercavo di tenere sempre d'occhio tutto, Elisa per prima che era seduta a terra, la mia moto abbandonata qualche metro più in la, ma difficilmente visibile visto la massa di gente e la moto di Elisa coricata a terra oltre il ciglio della strada.Dai che ci era andata bene
sostituisco la leva del freno che si era spezzata e provo la moto in modo da capire se è tutto in ordine, mentre alcuni locali mi ricordavano che "mami" (così chiamano le donne in queste zone) non deve guidare la moto, ma stare a casa con i figli. Che spavento, un vero spavento per fortuna conclusosi bene e senza particolari danni, a parte chiaramente ad andare ad aumentare la mappa dei lividi che Elisa pian piano si stava disegnando addosso. Il tutto durò circa due ore, due ore infinite e fulminee allo stesso tempo, ma era ora di risalire in sella per raggiungere il confine ormai veramente vicino.Dopo ore di attesa
e di accidenti tirati a tutti i doganieri presenti sulla mia strada, ormai a notte inoltrata, riuscimmo a prendere la via dell'uscita e il nostro ingresso in Sud Africa fu sancito da un bellissimo cartello che ci ricordava che eravamo in una zona ad alto rischio di criminalità. E che culo, dopo l'incidente, le cinque ore di dogana ora ci mancava che uscisse la banda armata dal bush per rapinarci e la giornata avrebbe avuto il suo giusto epilogo.Terminiamo questa interminabile giornata
stracarica di emozioni di fronte ad un piatto di pasta a cui in modo ingenuo accettammo la proposta di aggiungere un po' di formaggio, ed ecco in arrivo i nostri piatti di spaghetti coperti da un lenzuolo di formaggio fuso stile nachos messicani. Ma anche noi cosa ci aspettavamo la spolverata di grana parmigiano!!! Ma daiiii! Due risate e una sana mangiata, tutto sommato non erano male, e già ci eravamo lasciato tutto alle spalle. Pur sommando gli ultimi imprevisti, certo non di poco peso, lo Zimbabwe ne esce con un segno positivo, una popolazione amichevole sempre disponibile e un territorio dalle lunghe piste rosse coronate da una ricca vegetazione. Cosa voler di più ...
Dopo due giorni tranquilli
ci apprestiamo ad entrare nello Sawiland, piccolo stato indipendente completamente inglobato all'interno del territorio sud africano. Decidiamo di entrarci passando per un border poco trafficato ed inerpicato sulle montagne che fungono da confine naturale tra i due stati. Espletate le pratiche doganali facciamo ingresso nel piccolo stato terra degli Swazi, piccola etnia della zona. Siamo in cima ad un passo direzione il piccolo agglomerato di Piggs Peak. La strada presto diventa sterrata e si snoda tra tornanti e curve che disegnano le forme delle montagne utilizzate come terreni per la produzione di legname. Salutiamo qualche boscaiolo che incrociamo durante la nostra discesa, ma per la maggior parte del percorso siamo sperduti in un silenzio e in una pace che solo il rombo delle nostre moto tende a scuotere.Il lodge nasce su una collina
ed è costituito da tanti piccoli bungalow disposti con le loro terrazze verso il fiume e la piana più in basso. Il posto è da favola e l'atmosfera che si respira è molto piacevole. Pace, silenzio e questa piccola casetta di legno con una terrazza sul mondo è perfetta per passare qualche giorno, ma i giorni iniziano ad essere contati e ci aspetta ancora strada. Passiamo una serata in piacere della coppia incontrata all'ingresso e il mattino seguente sotto un cielo nero che minacciava pioggia ci apprestiamo a salutare un altro angolo di paradiso. Ripercorriamo a ritroso la pista che ci avrebbe riportato verso l'asfalto direzione St. Lucia. Incontro inaspettato quando ci troviamo a dividere la strada con una coppia di giraffe spaventate dal rombo delle nostre moto, percorriamo qualche centinaio di metri insieme poi decidiamo di fermarci per non spaventarle oltre. Si ma che emozione, abbiamo condiviso la strada con zebre, facoceri e ora anche giraffe.Preso posto nel nostro bungalow
e coperte le moto prevedendo pioggia ci apprestiamo alla perlustrazione del territorio. Vogliamo vedere gli ippopotami famosi residenti della zona. Anche il nostro padrone di casa ci racconta che spesso capita di incontrarli in giardino durante le ore del tramonto ... mica male pensare di incontrare un bestione di qualche tonnellata con la fama non troppo docile nel proprio giardino! Prima tappa il ponte che permette l'accesso alla cittadina e che garantisce una bella vista sul bacino di acqua salata che corona ed abbraccia tutta St.Lucia. Ed ecco l'avvistamento tanto agognato, una bella famigliola di Ippo che si gode il bagno alle luci di un tramonto uggioso.
Abbandonata la zona costiera
come avevamo sperato il tempo volse al meglio lasciando però un aria bella frizzante. Ci fermammo a dormire a Ladysmith piccola cittadina non molto lontana dal punto d'incontro previsto per il mattino seguente. Ed eccoci al benzinaio di Bergville il mattino dopo in attesa di Bruno e Sabine. Non dovemmo aspettare molto prima di sentire il rombo della Ducati Multistrada Enduro in arrivo. E' stato forte riuscire a beccarci in un piccolo distributore di un piccolo paesino del Sud Africa senza neppure tanta fatica.Il Drakensberg
è la catena montuosa che funge da confine tra il Sud Africa e il piccolo stato del Lesotho che è il secondo stato insieme allo Swaziland completamente inglobato all'interno dello stato sud africano. Tutta la catena montuosa, la più alta del Sud Africa meridionale ha l'aspetto delle montagne rocciose americane. Immediatamente vieni proiettato in una atmosfera tra il western e il colone alla conquista di nuovi territori. Le strade che si alternano tra manti ben asfaltati a bellissimi sterrati ti conducono attraverso prati verdi e ben coltivati e zone dedite al pascolo come nella migliore tradizione cow boy. Così viaggeremo per i due giorni seguenti dividendo e condividendo il nostro viaggio con due buoni compagni. E' stato veramente piacevole avere compagnia dopo circa venti giorni di solitario viaggio di coppia.Ultimo giorno di viaggio
ci si muove sotto un cielo plumbeo che ci accompagnerà fino al nostro rientro a Durban graziandoci, per fortuna, della pioggia. Salutiamo Bruno e Sabine ospiti di un altro albergo e ci dirigiamo con guida sicura, quasi fossimo a casa, verso il punto esatto dove circa un mese prima era iniziato tutto. Ad aspettarci al nostro arrivo c'è Laura che era arrivata il giorno prima. Pian piano tutto il gruppo raggiunge la base come da programma pronti a trascorrere gli ultimi giorni insieme nella cittadina di mare. Ed ecco che arrivarono le ore successive Giorgio, Chiara, Giovanni e Marica a chiudere il cerchio, ed eccoci già seduti tutti intorno ad un tavolo a raccontarci le nostre avventure ed esperienze appena vissute. Per tutti era andato tutto bene, nessun problema, nessun danno, ottimo ero soddisfatto, ora mancava solo il carico del container e poi la mente poteva già iniziare a sognare il prossimo viaggio, inguaribile sognatore.E così finisce il nostro Botswando
"voluto, desiderato e goduto fino all'ultimo km. Come tutti i viaggi abbiamo avuto momenti entusiasmanti e altri non troppo belli, ma una cosa è certa l'abbiamo vissuto tutto, respirato ed assaporato in ogni suo granello di sabbia e polvere. Come sempre ringraziamo chi ci ha sostenuto e soprattutto tutti i gruppi che ci hanno permesso di condividere la nostra esperienza! Grazie di cuore, crediamo che la condivisione permetta a tutti di poter credere che a volte i sogni e i progetti che sembrano più assurdi e irrealizzabili possono facilmente diventare realtà! A presto e come sempre buona strada riders!"